Testa•del•Serpente

"Rinunciare a tutto per salvare la testa" •

Archivio per il tag “Carità”

Il fare di Marta e il sedere di Maria.

«La parola di Cristo è chiarissima: nessun disprezzo per la vita attiva, né tanto meno per la generosa ospitalità; ma un richiamo netto al fatto che l’unica cosa veramente necessaria è un’altra: ascoltare la Parola del Signore; e il Signore in quel momento è lì, presente nella Persona di Gesù! Tutto il resto passerà e ci sarà tolto, ma la Parola di Dio è eterna e dà senso al nostro agire quotidiano». Benedetto XVI 18/07/2010
Cristo en casa de Marta y María, Diego Velázquez

Si racconta che diversi anni fa, durante un incontro coi seminaristi della sua diocesi, un vescovo (come direbbe il Cervantes: «Il cui nome non voglio ricordare») si trovò a commentare il celebre episodio di Marta e di Maria. Racconta il brano evangelico che mentre la prima sedeva ad ascoltare le parole del maestro in religioso silenzio e adorazione la seconda era presa da mille faccende domestiche e dalle incombenze dell’ospitalità al fine di offrire una buona accoglienza a quell’ospite speciale. Per lo più Maria mormorava contro la sorella che intenta ad ascoltare Gesù non si dava da fare come lei. A conclusione del suo commento il vescovo poneva una domanda ai suoi seminaristi, una domanda che la tradizione orale trasmette così: «E voi, cari seminaristi, cosa preferite: il fare di Marta o il sedere di Maria?». Possiamo solo immaginare l’imbarazzo dei seminaristi nel sentire il proprio vescovo parlare con tale enfasi dal suo autorevole pulpito del “sedere di Maria”.

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I santi della GMG 2016 (2): Sant’Alberto Chmielowski, il San Francesco polacco.

sant'alberto chmAleteia – Tra i numerosi santi che onorano la nazione e la chiesa polacca spicca in modo particolare, per la sua radicalità evangelica e la sua totale dedicazione ai poveri, la figura di Sant’Alberto Chmielowski. Adamo, questo il suo nome di battesimo, nacque in una nobile famiglia polacca ad Igolomia (vicino Cracovia) il 20 agosto 1845 e morì all’età di 71 anni tra i poveri di Cracovia ai quali dedicò tutta la sua vita fino a diventare uno di loro dimenticando le origini aristocratiche e abbandonando le glorie mondane raggiunte attraverso una carriera di pittore che gli offrì non poche occasioni di soddisfazione. In patria è conosciuto come “il padre dei poveri” o “il San Francesco del XX secolo”.

Alberto fu un uomo dall’animo rivoluzionario e dal carattere impetuoso, affascinato della bellezza e dell’arte, ma l’incontro con Cristo lo porto a scegliere la via della croce, luogo dove la Misericordia di Dio si china sulla miseria umana per elevarla e redimerla. Nel suo itinerario si accorse che – con parole di Wojtyla – “E’ proprio il Cristo incoronato di Spine la vera immagine dell’amore per gli uomini, la vera immagine della misericordia”.

Il santo della misericordia: strumento concreto dell’amore di Dio.

La sua vita non fu semplice né il suo percorso lineare, attraversò periodi bui e grandi sofferenze corporali e spirituali, ma Adamo seppe scoprire volta per volta con pazienza e fede la strada da percorrere, un processo che lo portò alla piena uniformità con Cristo che “da ricco che era si fece povero” per farsi prossimo ai più emarginati e dimenticati, agli “scarti” della società. Nel giorno della sua canonizzazione, il papa Giovanni Paolo II sottolineò: “Adam Chmielowski fu discepolo pronto a ogni chiamata del suo maestro e Signore”.

Ciò che desta stupore leggendo la storia di questo santo polacco è la piena sintonia, il legame spirituale, che lo unisce a papa Francesco ed ai temi ricorrenti della sua predicazione: la scoperta della Divina Misericordia che cambia la propria vita, l’abbandono della mondanità, l’accoglienza e la pratica del Vangelo sulla scia di San Francesco d’Assisi, la gioia del servizio, l’opzione per i poveri e gli emarginati come stile di vita.

Prigioniero di guerra: l’arresto, la mutilazione, la fuga.

Il giovane Adamo Chmielowski (orfano di padre e di madre fin dalla tenera età) partecipò in modo attivo all’insurrezione del 1863 quando il popolo polacco si ribellò contro l’invasore russo. La sconfitta degli insorti fu schiacciante, la repressione durissima. La Chiesa subì conseguenze devastanti: molti i vescovi, i sacerdoti e i religiosi deportati e gli istituti religiosi soppressi dalle autorità russe. Durante la rivolta Adamo fu colpito da una granata mentre cavalcava, subì danni irreparabili ad una gamba e fu arrestato. L’infezione fu immediata e costrinse i nemici – che volevano il prigioniero vivo per poterlo processare e condannarlo a morte – ad amputarla sul campo con una sega, senza anestesia, concedendo al prigioniero la sola “consolazione” di un sigaro. Grazie all’intervento e alla complicità di amici e familiari, Adamo riuscì a scampare la condanna: fuggì dalla prigione nascondendosi in una bara e lasciò il paese portando con sé – come una croce visibile – una pesante protesi metallica.

Le belle arti, il ritorno in patria e la crisi esistenziale

Stabilitosi a Parigi Adamo si iscrisse all’Accademia delle Belle Arti e proseguì poi gli studi all’Università di Grand e all’accademia di Monaco di Baviera. Da subito dimostrò grandi doti artistiche e una personalità forte che si manifestava nelle sue opere : un quid che lo elevava al di sopra degli altri pittori. Si distinse per uno stile avanguardista, le sue tele ricordavano quelle di Cézanne e lasciavano emergere il tormento e l’inquietudine di un anima alla ricerca del senso della vita. Tornato a Varsavia nel 1874 Adamo iniziò a frequentare gli ambienti artistici e letterati della società polacca prendendo parte attiva alla vita culturale e stringendo legami coi migliori artisti dell’epoca. La sua arte era tormentata, sofferta; molte le opere incompiute o distrutte, segno di un’insoddisfazione di fondo e di un dissidio esistenziale vissuto con pesantezza e dolore in un contesto di mondanità e spensieratezza com’era il circolo degli artisti di cui faceva parte. Le riflessioni sul senso dell’arte erano per Adamo strettamente legate a quelle sul senso della vita: “Il culto della propria arte è un inchinarsi a se stessi” nient’altro che un “ignobile idolatria”. Esprimere se stessi attraverso l’opera artistica fu per Adamo un compito secondario, di fronte a ciò che considerava primordiale: raggiungere la salvezza della propria anima. Fu la sua formazione cristiana ad alimentare quell’inquietudine che gli suggeriva una vocazione più alta alla quale doveva aspirare. L’arte e i successi ad essa collegati, non gli bastavano più. Nel 1880 entrò nella Compagnia di Gesù come fratello laico ma qui visse un esperienza di deserto spirituale che lo prostrò in una notte oscura dell’anima. In preda a crisi d’ansia, scrupoli, deliri e altri malanni che lo colpirono nel fisico e nella psiche, dovette lasciare i gesuiti per motivi di salute continuando a cercare altrove la propria vocazione.

L’incontro con la misericordia e la svolta

Dopo più di un anno di buio per Adamo si accese improvvisamente la luce grazie all’ascolto di una conversazione, tra il parroco e un fedele, sull’infinita misericordia di Dio verso l’uomo. In quel momento Adamo guarì completamente, l’angoscia scomparve e riprese la forza per percorrere la sua strada. Si dedicò alla carità aiutando i poveri che incontrava, ma anche al restauro di chiese e quadri religiosi e all’ incontro con amici e conoscenti diffondendo lo spirito di San Francesco d’Assisi a cui si legò progressivamente fino ad indossare – col permesso del Vescovo, essendo un laico – un saio grigio ed a pronunciare i voti di terziario francescano. Il cambiamento di vita fu sigillato con un nome nuovo: prese il nome di fratel Alberto. Andò a vivere in un vecchio appartamento a Cracovia che spesso condivideva con poveri e vagabondi che incontrava per strada assicurandogli vitto e alloggio. Alberto continuò a dipingere concentrandosi su quella che fu l’opera più importante della sua vita (e che fu poi posto accanto alla sua tomba): l’Ecce Homo. A questa tela aveva dedicato molto tempo e sforzo, senza riuscire a dare il giusto volto a quel Cristo che univa in sé la regalità di un Dio e la miseria di un uomo condannato a morte.

Il “luogo del riscaldamento”: la spazzatura del mondo nello sguardo di Dio.

ecce homo chmielowski

L’Ecce Homo di Chmielowski

L’incontro con un senzatetto che ospitò nel suo appartamento offrì ad Alberto l’occasione per scoprire definitivamente la sua vocazione. Fu quel ragazzo a portare il pittore nel “luogo del riscaldamento”, un dormitorio pubblico, diviso in due cameroni per maschi e femmine, che la città di Cracovia aveva messo a disposizione come rifugio per i poveri durante l’inverno. La visita a quel luogo di miseria fu per Alberto una vera “discesa negli inferi”: lì conobbe e toccò con mano ciò che era considerata la “spazzatura del mondo”, i rifiuti e gli scarti della società. Poca luce illuminava l’ambiente fetido dove si rifugiavano barboni, drogati, ubriachi e storpi, sistemati alla meno peggio; un ambiente pericoloso dove i più prepotenti dettavano legge a scapito dei più indifesi. Anche molti bambini trovavano rifugio dal freddo in quel letamaio. Tra le donne la situazione non era diversa, lì avvenivano feroci litigi, violenze di ogni tipo, ingiustizie e finanche aborti clandestini. L’impatto per Alberto fu terribile ma cercò da subito di trovare il modo di fare del bene. Presto comprese che l’unico modo di aiutare era quello di trasferirsi in quel luogo per vivere anche lui come un mendicante, ai piedi di Cristo incarnato in quei miserevoli. “Bisogna vivere con loro! Non si può lasciarli così”. Fu così che, spinto da un impulso di carità, Alberto vendette i suo dipinti, lasciò l’appartamento e si fece spazio nel rifugio dove appese subito un quadro della Madonna di Czestochowa. I rapporti con i nuovi coinquilini non furono subito idilliaci ma, con fatica, Alberto seppe conquistare la loro stima. Coi suoi risparmi e col ricavato delle vendite delle opere d’arte, ripulì e rinnovò il dormitorio: disinfestato, tinteggiato, attrezzato con nuove finestre, una cucina, un bagno, un guardaroba, una dispensa e un piccolo pronto-soccorso. Alberto offriva anche lezioni di catechismo e momenti di preghiera comune. Presto arrivarono dei collaboratori volontari che decisero di trasferirsi anche loro per servire i poveri. Tutto mirava a restituire una dignità a quei mendicanti che, in un ambiente pulito e sereno, ritrovavano la voglia di vivere e sentivano – forse per la prima volta nella vita – quanto fossero preziosi agli occhi di Dio mentre il mondo li rifiutava e si turava in naso al loro passaggio. Molte conversioni straordinarie confermarono l’operato di Alberto, veri miracoli del Signore e della sua Divina Misericordia.

La congregazione di Frati e Suore “buoni come il pane”

Nel 1888, nacque la congregazione di “Frati del III Ordine di S. Francesco, Servi di Poveri” che vennero presto chiamati col nome del loro fondatore: gli “albertini” (dal 1891 anche un ramo femminile, le “albertine”). Le opere si moltiplicarono, fondarono altri dormitori, ma anche orfanotrofi, asili per anziani, case di assistenza sociale e “cucine per il popolo”. Ai suoi frati e suore, per i quali fondò degli eremi dove ricevano la formazione prima della missione, Alberto ripeteva: “Bisogna essere buoni come il pane” per nutrire gli affamati, un pane buono che si spezza e si moltiplica, un pane “che ognuno può prendere per soddisfare la propria fame”. L’opera della congregazione fu affidata alla Divina Provvidenza così come a San Giuseppe e alla Vergine Maria che Alberto definiva “la mia Dispensiera” o “confondatrice”.

L’incontro con Lenin e la narrazione di Karol Wojtyla.

Sembrerebbe che a Cracovia il leader della rivoluzione sovietica Lenin abbia incontrato fratel Alberto e che i due ebbero modo di discutere sulla povertà e sulla giustizia sociale. Di questo incontro dove si contrapposero l’utopia marxista-leninista e il messaggio della carità cristiana, non ci sono rimasti documenti, nulla è stato pubblicato se non un dialogo frutto della fantasia di un poeta: Karol Wojtyla che dedicò a Sant’Alberto Chmielowski l’opera teatrale Fratello del nostro Dio (scritto nel 1949). Lo sconosciuto (questo il nome dato a Lenin nel dramma) dirà a fratel Alberto che non voleva sposare la sua idea di giustizia sociale: “I poveri non ti seguiranno”, “Io seguirò loro” risponderà il frate dimostrando che per il cristiano il vero aiuto ai poveri non è diventare una guida per incanalare la loro ira verso una sovversione sociale ma farsi loro servitore secondo i consigli e l’esempio di Gesù Cristo. Fu proprio questa la via che seguì Adamo Chmielowski che morì il 26 dicembre del 1916 (a pochi mesi dalla rivoluzione sovietica) nel dormitorio di Cracovia, lasciando in eredità una meravigliosa testimonianza di fede e carità, donando la propria anima e diventando egli stesso “pane buono” per sfamare gli affamati.

Alberto fu beatificato il 22 giugno del 1983 a Cracovia e canonizzato il 12 dicembre del 1989 in Vaticano dal papa connazionale San Giovanni Paolo II che disse di lui: “Non fu soltanto uno che fa la carità, ma divenne fratello di coloro che egli serviva. Il loro fratello. Il fratello grigio, come era chiamato”.

 

Per approfondire:

Da visitare:

  • A Cracovia: Santuario di fratel Alberto (detta anche Chiesa di Ecce Homo). Via Woronicza 10, Cracovia.

Disse sant’Alberto:

«Perché il profumo si diffonda, bisogna rompere il vaso. Non basta che amiamo Dio, bisogna anche che, a contatto con noi, altri cuori s’infiammino. Questo conta. Nessuno sale in Cielo da solo».

 

Miguel Cuartero Samperi

Articolo originale su Aleteia.org

Combatti l’ignoranza, porta un libro in vacanza!

Siamo in un momento di crisi, una crisi che ha stravolto non solo le nostre tasche ma anche il nostro modo di vivere, la nostra capacità di vivere bene, in pienezza, autenticità e (esageriamo!) sapienza.

Uno dei nefasti effetti del boom tecnologico è l’accelerazione dei tempi di percorrenza della nostra giornata col risultato di ridurre al minimo i momenti di riflessione. Siamo talmente presi da messaggi, notizie, post, condivisioni, tag, poke, touch… così tanto in contatto con gli altri da rimanere sempre meno tempo con noi stessi, da soli (che paura!!). E’ sempre più insignificante il tempo che dedichiamo a pensare, riflettere su di noi e con noi.

Forse un aiuto per provare a calmare la nostra nevrosi di comunicazione e di contatto universale col mondo esterno, potrebbe essere provare a riprendere l’antica e salutare usanza della lettura (su carta stampata si intende) per stimolare la nostra capacità di astrazione dal caos giornaliero; magari – oltre al diletto dell’intelletto – impareremo qualcosa o approfondiremo qualche tematica che ci sia cara. Sempre che non vogliamo farci imporre le letture dalle classifiche de noti bestseller mondiali che poco possono apportare alla causa.

Ecco qualche consiglio per combattere la nostra, sempre più pericolosa, pigrizia intellettuale (se sei arrivato a leggere fino a qui vuol dire che vuoi proprio combatterla!)

chiara corbellaIl primo libro che vogliamo consigliare ha un titolo “enorme” che è tutto un programma:  “SIAMO NATI E NON MORIREMO MAI PIU“. Scritto dai coniugi Simone Troisi e Cristiana Paccini, il libro narra la storia di Chiara Corbella Petrillo, una ragazza romana che a soli 28 anni ha deciso di restituire la sua vita a Dio a cambio di quella del figlio. Un “inno alla vita”. Non una storia d’amore qualsiasi ma un atto di amore vero, estremo, fino alla morte; una testimonianza di fede autentica vissuta nella gioia del completo dono di sé. Una parola per i nostri tempi, per politici, giornalisti, dottori e genitori che spesso antepongono ai figli il proprio benessere e la propria tranquillità. Troisi – Paccini, Siamo nati e non moriremo mai più. Storia di Chiara Corbella Petrillo. Edizioni Porziuncola 2013, pp. 155, € 12,00.

Dopo questo libro, attualmente tra i più venduti nelle librerie religiose, proponiamo qualche altro titolo di grande interesse: saggi e romanzi. Tra i romanzi del momento c’è sicuramente il libro “E L’ECO RISPOSE” di Khaled Hosseini il fortunato autore de Il cacciatore di Aquiloni e di Mille Splendidi Soli. Una storia di amicizia, di gioia e di dolore tra fratelli. K. Hosseini, E l’eco rispose, Piemme 2013, pp. 456, € 19,00.

Un altro romanzo di grande interesse è “IL GIOIOSO MENDICANTE” scritto dall’ungherese Louis de Wohl (1903-1961). L’autore ha pubblicato, con molto successo, diversi romanzi storici sulle vite dei santi; quella sul santo di Assisi è stata scritta nel 1958 e solo oggi, dopo ben 55 anni è stata tradotta in italiano. Effetto papa Francesco! Louis de Wohl, “Il gioioso mendicante. Vita di San Francesco d’Assisi”, Bur 2013, pp. 395, € 11,00.

biancaC’è un’altro romanzo, di un autore italiano, che ha avuto un grande successo in questi ultimi due anni. E’ il best seller internazionale “BIANCA COME IL LATTE ROSSA COME IL SANGUE” del professore palermitano Alessandro D’Avenia (ad aprile è uscito anche il film). Lo consigliamo vivamente! Un romanzo per ragazzi ma anche per adulti. Una storia di amore, di sofferenza, di fede persa e riabbracciata. Un cammino di scoperta della fede percorso da un ragazzo in una situazione di grandissima sofferenza. Scritto in un linguaggio semplice ma profondo, appassionante. A. D’Avenia, Bianca come il latte rossa come il sangue, Mondadori 2010, pp. 255, € 13,00.

Se vogliamo approfittare dell’estate per approfondire alcune tematiche interessanti e attuali, potremmo optare per qualche saggio. Ne proponiamo qualcuno partendo dal libro del giornalista Rusconi “L’IMPEGNO“. Un saggio molto interessante sull’impegno della Chiesa (nelle sue varie istituzioni) a favore della società italiana. A dispetto delle accuse di parassitismo e inutilità sociale di cui la Chiesa italiana è bersaglio, le sue opere la difendono: carità verso poveri, sostegno degli anziani, educazione dei ragazzi… Il libro conclude con una tabella di “risparmio annuo per lo stato” grazie al lavoro della Chiesa cattolica. Giuseppe Rusconi, “L’impegno. Come la Chiesa Italiana Accompagna la società nella vita di ogni giorno”, Rubbettino 2013, pp. 140, € 12,00.

Sulla stessa tematica è molto interessante il saggio del giornalista Francesco Agnoli “GRANDE STORIA DELLA CARITA“, un libro che raccoglie l’esperienza bimillenaria di servizio ai poveri, ai malati, agli emarginati; una pagina della storia della Chiesa piuttosto sconosciuta (spesso oscurata)PELLICCIARI narrata attraverso gli esempi di tanti santi del passato e tanti (buoni) cristiani dei nostri giorni. Francesco Agnoli, “Grande storia della carità”, Cantagalli 2013, pp. 215, € 14,00.

Gli amanti della storia non disdegneranno di portare sotto l’ombrellone l’ultimo libro di Angela Pellicciari, “MARTIN LUTERO“. In poche pagine, e in un linguaggio diretto e comprensibile anche ai non addetti ai lavori, la storica romana ci mostra con quanta veemenza, cattiveria e irresponsabilità (usiamo gentili eufemismi) il monaco agostiniano ha distrutto l’unità della Chiesa d’Occidente e, in sonstanza, dell’Europa stessa. Angela Pellicciari, “Martin Lutero”, Cantagalli 2012, pp. 174, € 12,90.

Potremmo approfittare dell’estate per conoscere un autore che sta acquistando grande visibilità in Francia. Fabrice Hadjadj è un HADJADJfilosofo francese di genitori ebrei e origini tunisine. Si definisce “ebreo di nome arabo e di confessione cattolica”, forse questo bel mix culturale ha aiutato Fabrice a diventare uno degli intellettuali cattolici di maggiore attualità in Francia. Il suo ultimo libro “COME PARLARE DI DIO OGGI?” è un bellissimo saggio su Dio e il mondo moderno, un “anti manuale di ‘evangelizzazione” scritto in modo provocatorio, ironico e avvincente! Vivamente consigliato!  Fabrice Hadjadj, Come parlare di Dio oggi?, Messaggero di Padova 2013, pp. 180, € 13,00.

Breve ma intensa è la lettura della prima enciclica di Papa Francesco “LUMEN FIDEI” di cui abbiamo già parlato in precedenza. Evidentemente scritta da Benedetto XVI e firmata da Francesco, il lavoro “a quattro mani” dimostra come non ci sia né opposizione né tantomeno rivalità tra i due pontefici, ma continuità e comunione di pensiero! Papa Francesco, Lumen Fidei, San Paolo 2013, pp. 120, € 2,50.

Infine ci sono i classici, quelli che non abbiamo mai letto e che dovremmo leggere. Grandi classici di grandi autori come Chesterto, Lewis, Tolkien, lo stesso De Wohl, i romanzi di O’Brian e Benson, i libri di Jacques Philippe (best seller della spiritualità), i libri di Ratzinger (per i più intellettuali)… La scelta è ampia e citando alcuni faccio torto a tutti gli altri “grandi” della letteratura.

Concludiamo. Abbiamo consigliato solo qualche titolo delle migliaia di libri pubblicati negli ultimi mesi. Migliaia di libri di cui molti abbastanza noiosi, altri un poquino inutili, altri poco originali ma molti altri interessanti, utili e originali. Una scelta bisogna farla se vogliamo combattere l’ignoranza portando 1 libro (o 2!) in vacanza.

Ad ognuno la sua scelta, come disse il grande poeta Borges:

Il verbo leggere, come il verbo amare e il verbo sognare, non ammette l’imperativo. Ho sempre consigliato ai miei studenti di mollare un libro che li annoia: di non leggerlo soltanto perché è famoso, di non leggerlo perché è moderno, di non leggerlo perché è antico. La lettura dev’essere una delle forme della felicità e non si può costringere nessuno a essere felice

Jorge Luis Borges

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